Il 21 marzo, giorno della Memoria e dell’Impegno per le vittime innocenti delle mafie, l’Azione Cattolica diocesana di Ventimiglia-San Remo è stata invitata a partecipare ad un importante convegno organizzato dal Liceo Cassini di Sanremo con il presidio di Libera intitolato proprio al giudice siciliano.
La presidente diocesana Laura Ferrari è stata invitata ad intervenire sul tema della dimensione di uomo di fede del giudice, sulla sua appartenenza all’Ac e sul suo essere beato. L’intervento si è affiancato a quello di alti funzionari dello Stato, alcuni dei quali hanno conosciuto o seguito le indagini sull’omicidio di Livatino.
“Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”: questa sua frase famosa racchiude perfettamente l’intreccio tra fede e vita che ha sempre caratterizzato il vivere e l’agire dell’uomo e del giudice.
L’uomo e il cristiano. L’uomo di fede e l’uomo dello Stato. L’uomo dalla fede forte che si contrappone alla “religiosità” mafiosa, inconciliabile con il Vangelo. Un tutt’uno. Questo rende straordinario l’ordinario, santifica nel senso proprio del rendere sacro il proprio agire. Ogni giorno e in ogni scelta. Hanno definito Rosario Livatino “Simbolo di una società cristiana che si vuole opporre al male e decide di sconfiggerlo con una vita buona animata dalla giustizia e dalla carità”. Una frase che interpella ognuno di noi nelle scelte di ogni giorno.
STD… “sub tutela dei”, sempre con lo sguardo fisso su di Lui. I giusti si collocano sotto la Croce, si pongono sotto la Divina Protezione, ai piedi della croce, l’albero che, paradossalmente, ci ha ridato la vita con la morte. E Rosario Livatino ne è la testimonianza viva.